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12 Agosto 2025Viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti, dove le sfide sociali, economiche e ambientali ci spingono a ripensare il ruolo dell’impresa.
Ma se da un lato la consapevolezza sulla sostenibilità cresce, dall’altra i dati ci dicono che non stiamo facendo le trasformazioni attese.
Il problema risiede nella “retorica del cambiamento”: diciamo di voler cambiare, ma fatichiamo a tradurre le parole in azioni concrete.
L’Agenda 2030: di cosa parliamo pensando alle imprese
Nel 2015 le Nazioni Unite hanno approvato all’unanimità l’Agenda 2030: un piano d’azione con 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile, chiamati anche SDG, e ben 169 traguardi misurabili da raggiungere entro il 2030.
Un atto molto concreto che rende il documento uno dei più importanti dalla Dichiarazione dei Diritti Umani del 1948.
Ogni obiettivo ha un target quantificabile. Ad esempio, l’SDG 1 non si limita a chiedere di “porre fine alla povertà”, ma stabilisce di ridurre a zero la percentuale di popolazione che vive con meno di $1,25 al giorno.
L’SDG 8 mira a promuovere occupazione piena e produttiva e lavoro dignitoso per tutti, che tradotto significa anche crescita economica inclusiva e riduzione della povertà.
Il lavoro è un elemento essenziale per la dignità umana e il benessere individuale.
L’SDG 8 promuove ambienti di lavoro sicuri e salubri, sostiene la formazione e la qualificazione professionale, vuole ridurre significativamente la quota di giovani che non sono né occupati né seguono un percorso di istruzione o formazione.
Altro punto di forza è che l’Agenda 2030 si rivolge, non solo ai governi, ma ad ogni singola persona e organizzazione, chiedendo a tutti di contribuire.
L’impresa come bene comune
Quando si parla di impresa come bene comune si vuole intendere un modo di fare business che, oltre al profitto, persegue obiettivi di impatto positivo sulla società e sull’ambiente.
Può farlo coinvolgendo gli stakeholder, ovvero dipendenti, clienti, fornitori e comunità locale nel processo decisionale.
Può renderlo ancora più efficace con uno strumento che è il Bilancio del Bene comune, che permette di valutare l’impatto dell’azienda su vari aspetti della società e dell’ambiente, utilizzando indicatori specifici e riconoscendo i limiti di un approccio puramente economico.
I benefici sono una maggiore fiducia e lealtà dei clienti, un aumento della motivazione dei dipendenti, una riduzione dei rischi ambientali e sociali, e una migliore reputazione dell’azienda.
Società benefit e B corp: quando l’impresa sceglie il bene comune
Alcune imprese vanno oltre l’essere responsabili, integrando formalmente l’impegno per il bene comune nel loro dna. Parliamo di B Corp (BC) e Società Benefit (SB).
Le B Corp sono aziende che dimostrano di soddisfare elevati standard di performance sociale e ambientale, responsabilità e trasparenza, attraverso una rigorosa certificazione (il B Impact Assessment). L’Italia è in prima linea, vantando il più alto tasso di crescita di B Corp.
Le Società Benefit (SB), invece, sono un’innovazione legale. L’Italia le ha introdotte nel 2016 ed è stato il primo paese in Europa a farlo. Queste imprese modificano il proprio statuto, affiancando agli obiettivi di profitto scopi di beneficio comune e operando in modo responsabile e trasparente verso tutti gli stakeholder. Ogni anno, le SB devono rendicontare i progressi verso questi obiettivi nella loro relazione d’impatto.
Meritocrazia vera e l’importanza del valore umano
Logica del profitto, per la quale spesso si sfrutta e si inquina, contro coscienza, per la quale talvolta si fa beneficenza, investendo quote marginali, non possono più andare d’accordo in questo sbilanciamento.
Lavoro e vita privata devono essere gestite con uno stesso senso morale.
Mettere al centro le persone significa avere la felicità di tutti come obiettivo e avere rispetto per l’essere umano.
Certamente per far funzionare bene le imprese bisogna tenere conto anche dei “meriti” ovvero dell’impegno e delle comprovate competenze e capacità di tutti i collaboratori.
Ma occorre farlo con equilibrio ed equità, contenendo entro un limite ragionevole il rapporto tra retribuzioni del top management e degli altri collaboratori.
Nelle Società Benefit e B Corp, ad esempio, si lavora per impedire disuguaglianze estreme, fissando limiti al “wage gap” (il divario tra stipendi più alti e più bassi).
Ricordandosi che il giusto salario per alcuni non può essere funzione solamente dell’attività svolta, bensì anche della necessità di una vita dignitosa della persona.
L’impresa come motore di un futuro giusto
Fare impresa in modo responsabile è una scelta, non una questione di dimensioni. Che si tratti di una grande azienda o di una piccola impresa familiare, è possibile creare un’attività che metta al centro la persona umana, innovando e contribuendo al bene comune.
Le imprese possono interagire con le comunità locali, sostenendo progetti sociali e ambientali e contribuendo allo sviluppo sostenibile del territorio.
Possono anche utilizzare l’innovazione per affrontare le sfide sociali e ambientali, sviluppando soluzioni sostenibili e promuovendo un’economia circolare.
Infine possono e devono dare il buon esempio.
Perché è comprovato che spesso è più efficace e contagioso rispetto alle attività che premono sulla coscienza civica, cultura e senso di responsabilità.
Per questo è fondamentale che chi fa impresa in modo responsabile condivida la propria esperienza. Per fare del bene e ispirare altri.




